lunedì 9 luglio 2007

La crisi della politica nazionale...

La sconfitta della Politica significa, in buona sostanza, che oggi a decidere del nostro presente e del nostro futuro non siamo piu' noi...



Che la Politica sia in forte crisi è un fatto incontrovertibile. E' però difficile credere, nonostante siano in molti a pensarlo, che ciò possa essere un fatto di cui rallegrarsi. La sconfitta della Politica come contrapposizione e competizione fra diversi principi organizzativi della vita dell'uomo nella società e come gestione pacifica, liberale, democratica dei conflitti sociali, significa infatti, in buona sostanza, che oggi a decidere del nostro presente e del nostro futuro non siamo più noi.
Il prevalere dell'ideologia del disimpegno morale e sociale, "tanto poi tutto si aggiusta" grazie alle virtù "naturali" del mercato, fa sì che ogni decisione sia affidata al caso, alla mano invisibile del mercato, cioè alla mano visibilissima di chi detiene il potere economico. Dalle miserie del socialismo reale si rischia così di cadere in quelle del "liberalismo reale".
Se il mercato è paragonabile a un ring in cui la Politica svolge il ruolo dell'arbitro, che impone ai pugili di battersi secondo regole definite e accettate da tutti, quando la Politica (strumento dell'interesse generale) non è in grado di dettare e fare rispettare le regole del gioco, il combattimento si trasferisce in platea e coinvolge gli spettatori (i cittadini), che non avevano intenzione alcuna di partecipare attivamente a un incontro di boxe. A rimettere le cose a posto ci pensa così la Mano invisibile e il risultato del match, in genere, è sempre lo stesso: sul piano sociale, ingiustizia è fatta, alcuni ricchi sono solo un po' meno ricchi, altri lo sono molto di più, i meno abbienti sono tutti proporzionalmente più poveri.
La crisi della Politica è la diretta conseguenza della crisi della sinistra, cioè della fine della contrapposizione tra l'idea di conservazione e quella di progresso che ha dominato la sfera collettiva negli ultimi duecento anni. La Politica è diventata il "regno della conservazione", non tanto perché abbiano vinto valori, partiti, uomini dell'area conservatrice, quanto perché la crisi della sinistra ha prodotto un improvviso calo di tensione, che ha rimosso le ragioni della competizione tra destra e sinistra.
L'evidente e progressiva convergenza al centro di uomini, partiti, schieramenti e programmi, sempre più simili e annacquati (decaffeinati, diet, light, mild), rappresenta così la sconfitta dichiarata e nemmeno più tanto tacita della Politica. Questa non sembra più in grado di competere con l'infinità di rapporti che il cittadino ha al di fuori di essa e appare sempre più come un'attività secondaria, incapace di fornire soluzioni ai problemi del mondo contemporaneo.
Nel mondo in cui viviamo, i problemi sono sempre più complessi. Quindi ha più potere decisionale, o di influire sulle decisioni di Parlamenti e Governi, chi dispone del maggior numero di informazioni tecniche e di una vasta rete di conoscenze e relazioni. La Politica non dispone in modo sufficiente né dell'una, né delle altre e dipende dalle informazioni e dai suggerimenti che le forniscono i diretti interessati (aziende, gruppi di interesse...).


E' inevitabile che il processo decisionale politico finisca così con essere viziato da un deficit di democraticità. In un sistema capitalistico è normale che vi sia una differenza di risorse economiche tra i cittadini, ma quando tale differenza si traduce in una così grave disparità di risorse politiche, a soffrirne è la stessa democrazia e con essa la corretta elaborazione di politiche pubbliche.
Promuovere la partecipazione dei cittadini alla Politica è quindi oggi un imperativo. Creare un rapporto continuativo tra cittadini e politici è infatti indispensabile: per sviluppare un flusso di informazioni necessario a individuare le priorità e permettere ai cittadini di incidere sulla formazione del processo decisionale.

1 commenti:

Davide Chinnì ha detto...

Un breve commento…A mio avviso la crisi che sta investendo la politica rappresenta solo uno dei molteplici riverberi della ormai pluriennale crisi generale dei valori etici e sociali e del crepuscolo delle ideologie.
La linfa vitale della politica democratica è una partecipazione spirituale e materiale del popolo alla formazione e discussione delle decisioni,una costante “pretesa” di puntualità e di correttezza, ma una pretesa posta in essere in via di collaborazione,di suggerimento,di sollecitazione.
Il cittadino moderno ha però ormai perso fiducia nei vessilli (di qualunque colore essi siano),e si limita a percepire la politica come un’oligarchica cerchia di personaggi lontani dai problemi della vita quotidiana,dai problemi del piccolo borghese o dell’operaio,preoccupati esclusivamente del seggio e di ripetere ad libitum discorsi sterili,ridondanti,diversi e sempre uguali.
Qualcuno potrebbe obiettare che l’infima cultura è la causa del travisamento della “nobile”opera dell’uomo politico,e in alcuni casi ciò ha un qualche fondamento di verità.
Ma la condotta deplorevole,i privilegi,le promesse ad benevolentiae captationem,l’incoerenza,il disimpegno,l’anacronismo, la terribile ipocrisia,e quant’altro,quale fiducia possono ingenerare nel cittadino così da indurlo a ridare peso alle proprie convinzioni e opinioni e ad appoggiare una riedificazione dell’ormai fatiscente palazzo della politica?
Perché la politica di quell’ appoggio ha bisogno come dell’acqua il deserto.
Questa assai poco rosea prospettiva,frutto certamente di un’opinione personale e in quanto tale opinabile,può essere mutata attraverso una serie di opere (legislative e serie…perché i due termini stranamente non sempre coesistono) di rivisitazione della intera impalcatura ideologica e metodologica della politica,e attraverso una contestuale rivisitazione della propria coscienza (morale e soprattutto sociale) da parte di ogni individuo.
La politica è lo specchio del popolo (e viceversa),i connotati dell’una sono solo il riflesso dell’altro(e viceversa).